PFM a Ventimiglia, ecco le foto del concerto dell'Estate.
Testo e fotografie di Enzo Iorio
VENTIMIGLIA - Ieri sera, mentre a 1200 km di distanza iniziava la Notte della Taranta e 150mila persone seguivano il ritmo ancestrale di pizziche e tarantelle, a Ventimiglia, sul Belvedere del Resentello, l'Arlecchino del Rock made in Italy inebriava la folla al ritmo di Celebration.
Il concertone della PFM, una spruzzata di anni '70 su un impasto di nuove melodie e accattivanti sonorità neo-prog, ha portato nella bimillenaria Città di confine il vento fresco del rock.
"Mi chiamo Randagio", esordisce Franz Di Cioccio mostrando la t-shirt nera, per ricordare "TUTTI" gli animali abbandonati. Ha la voce roca e profonda, da rocker navigato, questo signore di 72 anni che ha visto nascere il rock in Italia e lo ha tirato su con le sue bacchette da batterista. Erano i primi anni '70, quando nacque la Premiata Forneria Marconi che, a dispetto del nome, non sfornava biscotti, ma altre prelibatezze sotto forma di canzoni e brani strumentali che hanno lasciato un sapore inconfondibile nella storia della musica internazionale.
Oggi, dopo diversi avvicendamenti, del gruppo originale restano, oltre a Franz, Patrick Djivas e Lucio "Violino" Fabbri, ma l'organico si è arricchito con l'apporto di Marco Sfogli, Alessandro Scaglione, Roberto Gualdi, Alberto Bravin. Sette elementi: un'ottima ensemble che ha gli attributi per spaziare dal rock più duro alle atmosfere acustiche appena bisbigliate, per giungere fino alla rielaborazione di partiture miliari della musica classica.
Quando la band intona i primi accordi di "Impressioni di settembre", il pubblico va in visibilio.
"Quante gocce di rugiada intorno a me...", un coro di mille voci accompagna il canto solista di Franz che trascina gli ascoltatori nel suo andirivieni tra la batteria e il microfono riservato alle parti lead vocal.
Poi tocca a "La carrozza di Hans", una sinfonia rock che fa vibrare cuore e viscere a suon di basso e batteria, con le sue strabilianti fughe di tastiere, violino e chitarra.
Ed ecco "FreedomSquare", la piazza della libertà in versione PFM, dove "ciascuno può dire, fare e essere quello che vuole".
"Sire, Maestà ... siamo noi, il poeta, l'assassino e sua santità , Tutti, fedeli amici tuoi...Tutti sorridono
Solo il popolo non ride, ma lo si sa, Sempre piagnucola, Non gli va mai bene niente chissà perché,
Chissà perché perché..."
Altri brani, altri ritmi, altre melodie, in un susseguirsi di testi in italiano e in inglese, urlati o appena sussurrati.
"Questo brano è dedicato ad un un grande che ci ha lasciati proprio oggi: Lindsay Kemp, coreografo, attore, ballerino, mimo e regista. Ciao e grazie, Lindsay!" preannuncia adesso FDC, e la PFM attacca con "Harlequin" simbolo mondiale della maschera, dello spettacolo e dell'arte, un brano in cui Di Cioccio ci sembra dar voce a un personaggio onirico e reale allo stesso tempo, quell'Arlecchino che in fondo è egli stesso quando calca le assi di un palco: "Harlequin came at night... And everyone of us... spoke through his waving hands... we danced all around the square...".
Adesso il microfono è nelle mani di Patrick Djivas che, con la sua ancora inossidabile sfumatura francofona, introduce una rivisitazione prog-rock di un famosissimo brano composto da Prokof'ev nel 1935, tratto dal balletto Romeo e Giulietta. Un delirio di ritmo e di scale che sommerge ed elettrizza.
E si chiude. Il gruppo saluta e Ventimiglia risponde con applausi. Ma è solo un gioco. Sappiamo tutti infatti che non è così. Non può essere assolutamente così! Manca qualcosa a questo stupendo puzzle che sta prendendo forma in questo sabato di agosto, sabato Italiano, sulla riva del Mar Ligure a poche miglia dal confine.
È quasi l'ora della Festa, è l'ora di "È Festa", come invoca qualcuno italianizzando il più famoso titolo della Premiata, il cavallo di battaglia che l'ha condotta a piantare la bandiera tricolore sulle più alte vette del rock mondiale: CELEBRATION!
E allora i sette musicisti ritornano sul palco e Franz ci annuncia che è arrivato il momento di ringraziarci (Loro che ringraziano Noi!) con un brano speciale. "Questa è bellissima", dice, senza pronunciarne il titolo. Ma bastano due note, quelle schizzate fuori dalla piccola cassa armonica del super violino di Lucio Fabbri, a illuminare l'arcano. E prima ancora del nome della canzone, ad affiorare sulle labbra di tutti, è quello di un uomo, un piccolo-grande che se n'è andato troppo presto, ma di cui porteremo sempre un tatuaggio impresso nel cuore: Faber! Fabrizio De André. "All'ombra dell'ultimo sole | s'era assopito un pescatore | E aveva un solco lungo il viso | come una specie di sorriso", è tutto il Resentello che canta, come in una specie di abbraccio corale a questo fantastico gruppo, al menestrello dei carrugi e alle ferite di quella straordinaria città che una volta era chiamata La Superba. Il pubblico è una selva di mani protese verso l'alto, una foresta di gambe e di piedi che pestano, ballano, saltellano. "Sembra la Notte della Taranta", urla qualcuno tra il pubblico.
Una Taranta improvvisata, come quella che in questi istanti si sta vivendo in Salento. Ma la PFM incalza ancora e, senza tregua, esplode l'immarcescibile: "Celebration". Una versione un po' particolare, con qualche leggera traslazione di tono che la rende allo stesso tempo più robusta e più selvatica. Questo brano, perfetto nella sua complessa semplicità , è in realtà un possente motore ritmico che pulsa con vivacità e si presta all'interazione col pubblico. È sempre Franz a guidare il gioco: suddivide la platea in tre settori e assegna a ciascuno un ruolo musicale. La performance che ne scaturisce è all'altezza della serata.
"Grazie, Ventimiglia", tuona Arlecchino. "Adesso ce ne andiamo, ma prima ci facciamo un selfie con voi". Tutti e sette i musicisti, allineati sul boccascena, ci voltano le spalle e sul fondo del palco, al di sopra della postazione assegnata alle due batterie, spunta un ragazzo della crew che compone in un'unica inquadratura i due protagonisti della serata: PFM e pubblico del Resentello. Click., lo scatto è servito.
Sire, maestà , si metta agli atti, foto alla mano, che qui, un sabato di agosto 2018, sono rifioriti gli anni Settanta. Con gioia. Grazie, PFM!
Pubblicato da Enzo Iorio: