Barbagiuà è il soprannome del protagonista, un bambino cresciuto durante la Seconda guerra mondiale. Domani, in occasione del 72° anniversario della Liberazione, in anteprima un capitolo del libro.
25 aprile, in anteprima un capitolo di “Barbagiuá”, il nuovo romanzo di Enzo Iorio
Domani, in occasione del 72° anniversario della Liberazione, l’autore ventimigliese pubblicherà un capitolo del suo nuovo romanzo. Attualmente in fase di ultimazione, il libro sarà dato alle stampe nei prossimi mesi.
Perché “Barbagiuà”?
Barbagiuà è il soprannome del protagonista, un bambino cresciuto durante la Seconda guerra mondiale. Il suo vero nome è Nino.
Di cosa parla il romanzo?
È la storia di Nino, appunto. Rimasto orfano in conseguenza delle bombe cadute su Ventimiglia nel ‘43, ha vissuto innumerevoli avventure tra la costa e l’entroterra, scappando da Sanremo a Bajardo, da Pigna a Triora, forse alla ricerca dell’affetto perduto tra le macerie: dapprima ha conosciuto l'orfanotrofio, in seguito è stato adottato da una matta che voleva trasformarlo nella sua bambina scomparsa, ha vissuto la vita del bordello, la durezza della prigione, il dolore delle percosse e l’onore del silenzio. Rifugiatosi nei boschi tra i cinghiali, è infine diventato la mascotte di un gruppo di partigiani. Sempre affamato e a caccia di cibo, è chiamato Barbagiuà per via del suo piatto prediletto.
Storia vera o fantasia?
Tutto il romanzo è frutto di fantasia e, come si dice sempre in questi casi, “ogni riferimento a fatti o persone reali è puramente casuale”. Tuttavia sono convinto che la storia di Barbagiuà coincida con quella di molti bambini che hanno avuto la sfortuna di vivere durante una guerra. Ancora oggi, purtroppo, è così in molte parti del mondo, dove le ragioni dei grandi uccidono i diritti dell’infanzia e dove il male subito dagli indifesi supera qualsiasi racconto di fantasia.
Perché Ventimiglia, Sanremo, Pigna?
“Barbagiuà” è un omaggio al Ponente ligure. Per me, napoletano di origine, questa è la mia terra di adozione, il luogo in cui ho scelto di vivere e che sin dall’inizio mi affascina per le sue bellezze naturalistiche, le sue storie e i suoi sapori.
Essendo terra di confine ha subito più di altre le sofferenze e i guai della guerra. Ricordarlo con rispetto, è il minimo che si possa fare per dire “grazie” a quanti si sono battuti per la conquista della Libertà.